I prezzi conferiti dall’industria agli agricoltori compensano solo in parte i costi di produzioni proibitivi e mettono a dura prova la filiera della pasta Made in Italy.
Secondo Cia-Agricoltori Italiani non è la terra a mancare alle aziende agricole che vogliono produrre grano duro, ma interventi seri su gasolio agricolo (schizzato a 1,45 euro/lt.) e fertilizzanti -spesso di provenienza russa- più che raddoppiati. I concimi azotati, indispensabili per la coltura, hanno raggiunto cifre esorbitanti, cui si aggiungono i rincari di sementi e logistica. Si teme, infatti, che molte aziende sceglieranno altre colture o lasceranno i terreni incolti nella prossima stagione.
L’effetto sarà l’aumento della dipendenza dell’import, con gravi ricadute sul tessuto economico, sociale ed ambientale del Paese.
Complice la siccità, Cia ricorda che quest’anno l’Italia ha raggiunto una produzione di grano duro per la pasta di appena 3,2mln. di tonnellate, a fronte dei 4mln dell’anno scorso. Un calo con conseguenze pesanti in termini di redditività.
Se restiamo primo produttore europeo e secondi al mondo dopo il Canada, siamo -allo stesso tempo- primo importatore mondiale di questo cereale indispensabile a soddisfare la domanda dell’industria pastaria, che ammonta a circa 6,5 milioni di tonnellate.
Con costi di produzione così alti e nessuna garanzia sul prezzo di mercato futuro, Cia, segnala i forti i dubbi degli agricoltori italiani nella scelta della semina di grano duro, che si effettua abitualmente nel periodo che va da novembre a gennaio.
Cia auspica, dunque, dal Governo un forte spinta propulsiva per tutta la filiera, in virtù del fatto che la pasta, alimento cardine della dieta mediterranea, è il piatto simbolo della cultura italiana nel mondo e il suo consumo è unanimemente ritenuto indispensabile nella dieta sana di adulti e bambini.
Lascia un commento