L’agricoltura deve giocare un ruolo da protagonista per uscire dalla crisi scatenata dal Covid e guardare a uno sviluppo più verde, come chiede l’Europa con il Green Deal. Nel “Paese che Vogliamo”, il progetto di Cia-Agricoltori Italiani alla sua nuova tappa, il settore primario si candida a essere il promotore attivo di una strategia di sviluppo sostenibile dei territori per rilanciare le aree rurali, che rappresentano solo in Italia più della metà della superficie nazionale.
Un obiettivo, discusso oggi nel webinar “Superare l’emergenza. Agricoltura e territorio: dal Green Deal la ripartenza”, realizzabile tramite politiche di insediamento abitativo e di ammodernamento delle infrastrutture fisiche e digitali nelle aree interne, che mettano al centro le comunità rurali e gli agricoltori in un’ottica di difesa del suolo per il contenimento del rischio idrogeologico, di valorizzazione del patrimonio forestale, di gestione sostenibile della fauna selvatica, di sviluppo di “imprese verdi” operative nelle metropoli per curare strade, parchi e giardini.
“Il settore ha dimostrato non solo di reggere le richieste di cibo assicurando i bisogni primari di un Paese durante il lockdown, ma anche di produrre servizi ecosistemici e ambientali essenziali -ha detto il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- come la manutenzione del verde e la tutela del territorio, compromessa dal blocco delle attività di forestazione e dal proliferare degli animali selvatici, con i cinghiali tornati a far danni tra campagne e città”. Per questo “ora intendiamo cogliere l’opportunità del Green Deal, innanzitutto stringendo un ‘patto’ con i cittadini -ha evidenziato Scanavino- per promuovere l’agricoltura e costruire insieme, in linea con le istituzioni comunitarie, una nuova Europa rurale”.
Per l’agricoltura italiana come per quella europea, è chiaro, però, che attuare la transizione verde, rafforzando l’impegno per l’ambiente e continuando a garantire l’approvvigionamento alimentare, vuol dire avere strumenti, tempi e soprattutto risorse adeguate.
In questi mesi, la diffusione della pandemia ha dimostrato la strategicità del sistema agricolo e la necessità di sostenere una produttività tale da ambire all’autosufficienza alimentare europea. Ma i target proposti dalla Commissione con il Green Deal, a partire dalla riduzione del 50% dell’uso di pesticidi e di antimicrobici entro il 2030, rischiano di mettere a repentaglio il tessuto produttivo e generare risultati in contraddizione con gli obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale, se non saranno accompagnati da un’adeguata valutazione d’impatto.
“L’agricoltura è pronta a rispondere alle nuove sfide e vuole essere al centro di questo processo di cambiamento -ha spiegato il presidente di Cia- ma serve una collaborazione a 360 gradi e l’attenta analisi delle esigenze reali del settore. Non possono, cioè, essere individuati obiettivi e percorsi senza fornire agli agricoltori tutti gli strumenti necessari per continuare a produrre, contrastare i cambiamenti climatici così come nuovi parassiti e malattie, difendere l’ambiente e rispondere alle richieste dei consumatori. Per questo, chiediamo che, per il settore, si tenga conto delle tempistiche dei processi produttivi e del progresso scientifico e tecnologico, investendo per esempio sulle nuove tecniche di miglioramento genetico, sull’agricoltura di precisione, sul rinnovo dei mezzi meccanici con un parco macchine a minori emissioni e combustili”.
Questa grande trasformazione in chiave green, in uno scenario già complicato dalla pandemia, “dovrà essere sostenuta da risorse proporzionate. In particolare -ha chiosato Scanavino- la nuova Pac è chiamata a supportare la transizione, con un ruolo e un budget adeguato al nuovo modello di sviluppo, ma non potrà essere l’unico strumento a sostegno dell’agricoltura. Un aiuto potrebbe venire dai 15 miliardi per il comparto previsti dal piano Next Generation Eu, che dovranno essere resi disponibili subito e non dal 2022, per garantire la continuità operativa del settore”.
Lascia un commento