A seguito del recente forte eco sulla stampa locale riguardo all’emergenza cinghiali, l’assessore regionale all’agricoltura Rolfi ha convocato i sindaci dei comuni interessati, i rappresentanti dei cacciatori e delle associazioni agricole alle riunioni svoltesi presso le UTR di Como e di Varese lo scorso 19 e 21 giugno.
A Como, CIA ALTA LOMBARDIA era rappresentata dagli associati Giancarla Zanotta, Ivan Manzoni oltre che dalla vicepresidente Lorena Miele, della cui alta competenza sull’argomento la nostra Organizzazione si avvale da molti anni. La stessa vicepresidente ha partecipato inoltre al tavolo di Varese.
Scopo evidente degli incontri, quello di tranquillizzare gli animi comunicando l’interesse dell’assessorato per il problema.
I funzionari regionali, Marracci a Como e Dal Fonchio a Varese, hanno illustrato la LCR 160/2017 e il decreto attuativo del 17.12.2018, che disciplinano la gestione del cinghiale. In base a tali norme, il territorio regionale è stato suddiviso in zone classificate “idonee” e “non idonee” alla presenza del cinghiale, le prime localizzate in tutta la fascia prealpina e dagli appennini, le seconde in tutto il resto della regione. In base a tale suddivisione, quindi, l’intera provincia di Como e buona parte della provincia di Varese, con la sola esclusione della ATC2, risultano classificate in zona idonea. Sempre in base alla suddetta normativa, nelle zone idonee la presenza del cinghiale è ammessa entro densità di popolazione sostenibili dal territorio, nelle zone non idonee la presenza del cinghiale deve tendere a zero.
I mezzi per raggiungere tali obiettivi sono la caccia consueta, la caccia di selezione e il controllo nelle zone idonee, la caccia di selezione e il controllo nelle zone non idonee.
Quanto emerso dai tavoli di confronto è l’incomprensibile incongruenza tra la legge nazionale 157/92, la quale prevede che l’attività di controllo debba essere svolta esclusivamente da dipendenti pubblici, e la legge regionale 26/93, che consente anche l’intervento da parte di volontari opportunamente preparati ed abilitati. Su tale incongruenza si sono inserite diverse sentenze della magistratura che hanno procurato non pochi guai giudiziari a danno di chi si è avvalso di operatori volontari. Il risultato di tale assurdo stato di fatto è la scomparsa di fatto delle figure degli operatori faunistici volontari, non sostituite, peraltro, da selecontrollori dipendenti delle provincie, che non vengono assunti per le ben note carenze di bilancio.
Conseguenza di tale paradossale situazione è che l’unica azione di contenimento, nelle sole zone vocate, è quella che deriva dall’attività di caccia, mentre nelle zone non vocate non risulta alcuna possibilità per controllare la specie.
A poco sembra inoltre valere quella norma contenuta nel DGR del 11.06.2018, la quale consente agli agricoltori dotati di licenza di caccia per il cinghiale, previa autorizzazione conseguente al danno subito, di poter intervenire direttamente sui fondi condotti. Ad oggi, infatti, nella provincia di Como nessun agricoltore ha richiesto l’autorizzazione, visto che ben pochi agricoltori sono anche abilitati alla caccia al cinghiale.
Entro fine giugno, informa la regione, verranno stabilite le densità obiettivo per le zone vocate e di seguito i piani di abbattimento che saranno quinquennali e non più annuali. Resta però da comprendere, come evidenziato dalla nostra Lorena Miele, come sia possibile definire degli obbiettivi di abbattimento stante che non esiste alcun censimento della specie, stante anche il fatto che la stima dei danni, ad oggi basata solo sulle richieste di risarcimento degli agricoltori, appare essere ben distante da quella reale.
A Como i cacciatori hanno posto il problema della geolocalizzazione obbligatoria per i capi abbattuti, causa della clamorosa protesta che ha condotto allo “sciopero della caccia” nel comprensorio delle prealpi comasche. Sempre i cacciatori si sono lamentati degli oneri a loro carico tra cui il coinvolgimento nel risarcimento danni all’agricoltura e le difficoltà nel gestire le carcasse, per via degli adempimenti sia burocratici sia sanitari.
L’impegno assunto dall’assessore nei confronti dei cacciatori è stato quello di intervenire presso le ASST al fine di semplificare le procedure e predisporre a livello regionale uno “schema tipo” per la formulazione dei bandi d’asta per la vendita delle carcasse.
Altro importante problema sollevato nei tavoli di Como e Varese è quello delle riserve e dei parchi: territori dove essendo vietata la caccia, diventano di fatto degli incubatori dei cinghiali, che da lì partono per invadere le zone limitrofe.
L’assessore ha ricordato che parchi e riserve, in virtù della legislazione vigente, si possono avvalere di selecontrollori. L’impegno assunto, quindi, è quindi quello di stanziare adeguate risorse affinché parchi e riserve possono avvalersi di tali figure e di varare a breve un regolamento che consenta di conseguire anche in tali aree gli obiettivi programmati di controllo.
CIA ALTA LOMBARDIA ha infine rimarcato, con le altre associazioni agricole, la gravità del problema cinghiali per l’agricoltura e l’assurda applicazione della regola comunitaria del “de minimis”, che equiparando i risarcimenti dei danni da selvaggina agli aiuti di stato impedisce l’equo risarcimento dei danni e rappresenta un insostenibile aggravio burocratico. A tale proposito, l’assessore Rolfi ha espresso la propria piena condivisione, evidenziando tuttavia che la questione non è di competenza regionale, ma nazionale ed europea. L’impegno, comunque, è quello di rivedere le norme riguardanti i risarcimenti di propria competenza al fine di migliorarle, per quanto possibile.
In conclusione, la nostra vice-presidente ha ritenuto importante evidenziare il fatto che il problema del controllo della fauna selvatica non è tanto un problema di regole, quanto di risorse: quelle necessarie ad avere nei territori il personale sufficiente per attuare i controlli, essendo il contenimento che deriva dalla sola caccia del tutto insufficiente; quelle necessarie a garantire agli agricoltori danneggiati un equo risarcimento del danno subito.
Urge poi, secondo la nostra Lorena Miele e secondo CIA ALTA LOMBARDIA, superare la contraddizione tra legge regionale e nazionale per quanto riguarda l’utilizzo dei selecontrollori, prevedendosi categorie di dipendenti pubblici che possano prendere parte alle attività di controllo.
Abbiamo infine rammentato, qualora ce ne fosse bisogno, che l’emergenza fauna selvatica nelle provincie di Como e Varese non riguarda solo il cinghiale, ma anche cervi, caprioli, mufloni, corvidi e piccioni. Per i piccioni, in particolare, da due anni non vi sono più autorizzazioni agli abbattimenti, con conseguente crescita della specie e dei danni da essa causati, mentre per quanto riguarda i cervi appare del tutto drammatica la situazione nelle riserve del Lago di Piano e del Pian di Spagna.
Anche in questo caso, l’impegno
dell’assessore, sul quale non mancheremo di sorvegliare, è quello di attivarsi
prontamente per la sua soluzione.
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