La Commissione europea ha dato ragione ai produttori di riso italiani: le importazioni a dazio zero da Cambogia e Birmania hanno causato danni economici all’Italia. Per questi due Paesi potrebbe essere presto ristabilito il dazio.
Sono le conclusioni dell’indagine iniziata nel marzo scorso dall’Esecutivo europeo che ora proporrà al voto dei Ventotto il ripristino dei dazi per tre anni ai Paesi asiatici. In particolare la Commissione, propone di applicare la tariffa doganale pari a 175 €/ton per il primo anno ed in misura ridotta per il secondo e terzo anno.
Soddisfazione è stata espressa per gli esiti dell’indagine da Cia-Agricoltori Italiani della Lombardia che da anni conduce la battaglia per il ripristino della clausola di salvaguardia, sottolineando che la concessione fatta nel 2008 dall’Unione Europea ai paesi meno avanzati abbia causato serie ripercussioni ai risicoltori italiani e di tutto il Vecchio Continente.
Il flusso enorme di riso a dazio zero, prima di tutto dalla Cambogia, entrando in Europa a prezzi troppo bassi, ha creato infatti una sorta di concorrenza sleale. L’Italia resta il primo paese produttore di riso comunitario, con circa 230.000 ettari seminati e una produzione stabilmente superiore al milione e mezzo di tonnellate; ma l’aumento ininterrotto dell’import selvaggio di riso dai paesi asiatici, con costi di produzione e standard di sicurezza non paragonabili a quelli Ue, ha creato grosse difficoltà al comparto, con cali delle superfici coltivate e conseguenze non solo a livello reddituale e occupazionale, ma anche ambientale, vista la costante opera di difesa idrogeologica che i risicoltori portano avanti.
“Siamo indubbiamente soddisfatti per questa proposta della Commissione Ue”, ha dichiarato Giovanni Daghetta, presidente di Cia Lombardia e risicoltore pavese. “Ma c’è ancora del lavoro da fare per costituire una maggioranza favorevole in vista del voto dei ventotto paesi e riportare così in condizioni di maggiore equilibrio il mercato risicolo. Sia il Ministero delle Sviluppo Economico che Ministero dell’Agricoltura italiani sono già impegnati su questo versante. Di certo l’aria è cambiata: finalmente l’Ue ha preso coscienza del problema. Le motivazioni umanitarie che hanno spinto la Commissione a sottoscrivere gli accordi Eba, senza gli opportuni contrappesi diventano un elemento di forte criticità che mina i redditi dei produttori risicoli comunitari. Peraltro”, precisa il Presidente di Cia Lombardia, “di queste agevolazioni non beneficiano direttamente i contadini dei paesi meno avanzati, come la Cambogia o Myanmar, ma solo le industrie di trasformazione, che hanno capitale straniero”.
La Commissione ha anche ammesso che in in Cambogia e Myanmar si sono verificati notevoli violazioni dei diritti umani in relazione all’accaparramento delle terre per la coltivazione. A ciò si aggiunge che la società Development Solution nel rapporto del 27 settembre 2017 ha confermato che la violazione dei diritti umani in Cambogia avviene anche nell’esportazione del riso, in quanto la concessione daziaria dell’Ue va a beneficio dei traders e non dei contadini.
“Abbiamo perso oltre il 50% della superficie investita per la coltivazione. Non possiamo più permettercelo”, ha affermato il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio. “Siamo in campo per tutelare i nostri risicoltori che sono controllati e lavorano con tante regole per avere prodotti di altissima qualità. Non ci fermeremo. Nei prossimi giorni lavoreremo per avere la conferma definitiva del ripristino per tre anni dei dazi e il perfezionamento del provvedimento”, ha aggiunto Centinaio. “Non si fanno sconti. Il dazio applicato deve essere lo stesso per tutti e tre gli anni, non esistendo ragioni giuridiche e tecniche che possano giustificare una riduzione progressiva”.
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