In un quadro di emergenza sanitaria e gravissima crisi economica rilanciare ipotesi non provate e prive di evidenza scientifica che mettono in collegamento diretto l’agricoltura in pianura Padana con l’inquinamento atmosferico e la conseguente diffusione del Coronavirus è fuori luogo e irresponsabile.
Così Cia-Agricoltori Italiani Lombardia risponde alle tesi rilanciate negli ultimi giorni da diversi organi di informazione che rappresentano in particolare il mondo allevatoriale come responsabile nell’incremento di PM 10 nell’atmosfera per lo spandimento di reflui zootecnici e quindi fattore di diffusione del contagio da Covid-19 in particolare nei territori di Cremona, Brescia e Bergamo.
“Si tratta di una polemica strumentale e assurda”, afferma Cia Lombardia, facendo il paragone con New York, che non può certo considerarsi la capitale dei bovini, nonostante il virus sia una città in cui il virus è maggiormente diffuso.
“Spesso si raffigura il settore primario come principale fattore di inquinamento, senza considerare quanto deriva da altri settori, e senza tenere conto dei grandi progressi in termini di sostenibilità ambientale e innovazione fatti negli ultimi anni in campo agricolo”, precisa Cia Lombardia.
Gli ultimi documenti ufficiali della Fao evidenziano che l’agricoltura pesa appena il 6% sul totale delle emissioni prodotte che si riversano sull’ambiente.
In Italia il trend degli ultimi 20 anni sulla sostenibilità del settore è più che positivo: crescono le colture green e le energie rinnovabili; diminuisce drasticamente l’uso di chimica impattante; aumenta la manutenzione del verde realizzata dagli agricoltori, che vale 2,4 miliardi di euro l’anno.
Intorno all’agricoltura circolano dunque messaggi fuorvianti e non suffragati dai dati, come l’idea che il settore inquini e consumi troppe risorse. Al contrario, in Italia migliorano tutti gli indici sull’impatto ambientale: -25% emissioni di CO2, -27% di pesticidi, -31% di erbicidi e -28% di fungicidi. In più, crescono sia la produzione di energia green (+690%) che le superfici biologiche (+56%).
“Anche per quanto riguarda il problema dei liquami”, spiega Roberto Frattini, allevatore bresciano e membro di Giunta di Cia Est Lombardia, “le aziende agricole stanno facendo notevoli passi in avanti. Alcune aziende, come la mia, già si avvalgono della possibilità di filtrare gli effluenti di allevamento in impianti di Biogas che producono digestato, neutralizzando così carica di ammoniaca prodotta. Per il resto l’idea di un blocco totale allo spandimento dei liquami nel periodo invernale è qualcosa di arcaico, come correttamente evidenziato dall’Assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia Fabio Rolfi nella trasmissione Report di ieri sera (13 aprile). È invece corretto come consentito da Regione Lombardia concedere la possibilità di spandere gli stessi in condizioni atmosferiche favorevoli, con interramento”
“Siamo molto stupiti da chi alimenta strumentali polemiche che rischiano di fare dell’agricoltura un capro espiatorio in un momento così difficile”, aggiunge Giovanni Daghetta, presidente di Cia Lombardia. “Numeri alla mano, in tema di sostenibilità il confronto tra agricoltura e altri settori è impietoso: trasporti, processi industriali e manifatturiero pesano per il 63% sul totale delle emissioni di CO2. Preme poi sottolineare”, conclude Daghetta, “che nelle riunioni operative che sono state fatte a livello provinciale e regionale, il mondo degli allevatori non si è mai opposto alla creazione di zone rosse di sicurezza per evitare la diffusione del contagio e si è sempre adeguato scrupolosamente alle normative che sono state di volta in volta emanate. Ancora oggi gli agricoltori portano avanti il loro lavoro, in condizioni molto difficili e restano in campo per produrre cibo e rifornire negozi e supermercati di prodotti genuini e di qualità”.
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