Il sistema previdenziale italiano permette di alzare le pensioni agricole. Ne è convinta la Cia che ha organizzato un convegno tecnico il 23 novembre per dire anche che il sistema va riformato, per i pensionati ma non solo per loro.
“Nonostante la speranza posta all’orizzonte, non viene creata alcuna visione prospettica per i giovani che si trovano ad avere un ruolo fondamentale per quanto riguarda il ricambio generazionale all’interno del mondo del lavoro”. Su questo punto, a Palazzo Cambieri di Mortara (PV), Giovanni Daghetta, Presidente CIA Lombardia, e Marco Facchinotti, Sindaco di Mortara si trovano subito d’accordo. Com’è d’accordo su questo punto Lucia Buffa, Presidente AGIA (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) di Pavia, che invoca «maggiore attenzione nell’affiancamento della gestione d’impresa, favorendo così il ricambio generazionale: a livello di incentivi e decreti non c’è un vero e proprio garante, chi decide di partire da solo non è agevolato dagli iter burocratici. Per quanto riguarda le donne poi, il ruolo in ambito agricolo è tutto da valorizzare. Sotto l’aspetto pensionistico riscontriamo troppo divario tra i sessi, nonostante le innovazioni tecnologiche, oggi investimenti necessari alla funzionalità dell’impresa, ci aiutino molto a far fronte a quelli che sono gli sforzi di un lavoro pratico».
Momento d’incertezza
Il momento d’incertezza sotto l’aspetto pensionistico è evidente a tutti e vi si soffermano Davide Calvi, Presidente CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) Pavia e l’onorevole Marco Maggioni della Lega, che dedica il suo intervento ad attaccare a riforma Fornero del 2011 e a sostenere la bontà del sistema Quota 100, che ripristina il diritto del lavoratore di sommare l’età anagrafica a quella contributiva per andare in pensione. Il tema è evidentemente complesso e si presta a diverse letture: i consiglieri regionali ad esempio insistono sugli aspetti positivi della politica del Pirellone («Per il comparto giovani agricoltori ogni anno vengono stanziati 250 milioni di fondi che contribuiscano a creare un reddito medio per le imprese in Lombardia di circa 450mila euro» – Ruggero Invernizzi, Forza Italia. «C’è grande collaborazione con il settore. In ambito pensionistico ad esempio ci viene proposta dalla Cia a sostegno delle pensioni più basse l’estensione alla quattordicesima mensilità» – Giuseppe Villani, Pd).
Le proposte della Cia
Le nozioni più interessanti arrivano però dai tecnici. Come Carlo Ventrella, Presidente ANP (Associazione Nazionale Pensionati) di Pavia, il quale mette in luce che «si chiede all’agricoltore di tutelare l’ambiente, produrre alimenti, rispettare regole stringenti in nome della sostenibilità, anche nel caso in cui si debba far fronte alle esigenze sociali rinunciando al profitto; d’altra parte bisognerebbe tener conto anche dei rischi d’infortunio e malattie professionali: rivendicare dunque un inserimento nelle categorie di lavoro usurante esattamente come un lavoratore dipendente». Antonio Barile, Presidente INAC (Istituto Nazionale Assistenza Cittadini) illustra le Proposte CIA in merito alle pensioni agricole ed è a questo punto che emerge la proposta dell’aumento: «le riforme pensionistiche negli ultimi venti anni, con la reintroduzione del sistema contributivo, hanno peggiorato in modo peculiare la previdenza dei coltivatori diretti e degli Iap. Il sistema retributivo precedente riusciva comunque a garantire, almeno per gli iscritti appartenenti alla 1^ e 2^ fascia, l’integrazione al minimo di 507,89 euro mensili, quelli che prospetticamente non percepiranno nemmeno l’integrazione al minimo sono 409.168 su 457.621 pari all’89,41%. Di fronte alla richiesta della CIA di aumentare le pensioni dei coltivatori diretti, spesso ci viene posta la domanda: esistono le premesse per garantire pensioni dignitose agli agricoltori italiani? Il baby-pensionato d’oro Cottarelli, i pensionati d’oro Dini, Amato, Cazzola e Fornero vi direbbero NO; la CIA invece dice SI’, perché la sostenibilità del bilancio previdenziale italiano consente di garantire pensioni dignitose agli agricoltori italiani e a tutti gli anziani. Come premessa diciamo che esiste una spesa per pensioni di natura previdenziale 2016 (al netto di GIAS e integrazione minimo) di 200.724 e una tassazione sulle pensioni (partita di giro) di 49.773 per un netto pari a 150.951 miliardi di euro. Le entrate contributive al netto della Gestione Interventi Assistenziali (GIAS) e della Gestione Prestazioni Temporanee (GPT) sono di 181.297, per cui al saldo tra le entrate e le uscite risulta un +21.516 miliardi di euro. Come seconda premessa esaminiamo La Carta Sociale Europea nella quale è previsto, tra l’altro, che le pensioni minime debbano essere pari ad almeno il 40% del reddito medio nazionale, ed è stata invocata nella petizione Anp-Cia. Applicando tale principio, in Italia il minimo pensionistico dovrebbe essere pari a 650 euro. La terza ed ultima premessa consiste nel promuovere il ricambio generazionale e la mobilità fondiaria: in Italia le aziende over 65 sono il 40% del totale quando invece a livello UE sono il 31. I potenziali “aspiranti” agricoltori tra i giovani disoccupati sono circa 200 mila. La soluzione? La proposta della Cia è quella d’istituire una “pensione base”, di importo pari alla pensione minima prevista dalla carta sociale europea(650€) in aggiunta alla pensione liquidata interamente con il sistema contributivo; tale pensione sarà riconosciuta purché si siano versati almeno 20 anni di contributi e con un’età anagrafica di almeno 65 anni».
La situazione nel Pavese
Delle prestazioni dell’INPS nel settore agricolo e dell’andamento negli anni 2015-16-17-18 parla invece Carlo Fozzati, Direttore Provinciale INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) di Pavia, il quale mette in evidenza come nel corso degli anni esaminati vi sia stata una crescita della disoccupazione agricola: «In Italia le aziende agricole attive sono passate da 1639 anno 2015, a 1255 attive nel 2018; tuttavia nella Provincia pavese i dati sono sorprendentemente rassicuranti, il numero delle aziende in campo è aumentato dell’ 1,24% rispetto agli anni precedenti». Chiude il dibattito il Vice Presidente ANP nazionale Anna Graglia affermando che “nel momento in cui si lavorava si rinunciava a qualcosa per creare una prospettiva di vita migliore, il lavoro agricolo è importante per l’economia del paese e della difesa del territorio, abbiamo radici antiche da far considerare a tutti coloro che praticamente non toccano con mano quello che è il settore. I giovani necessitano di risposte è necessario unificarsi verso un unico obiettivo”.
Autore: Martina Fasani
Un articolo redatto con grande professionalità!!